Generalmente sono limitate ai primi 5 anni, dopodiché l’impianto dovrebbe essere definitivamente avviato.

LATIFOGLIE E CONIFERE

Le cure colturali successive all’impianto rispondono all’esigenza di favorire il più rapido ed armonico sviluppo delle piante. In particolare le lavorazioni del terreno consentono l’areazione del suolo, l’eliminazione delle erbe infestanti e la conservazione delle riserve idriche interrompendo la risalita dell’acqua per capillarità. Riducono, inoltre, il rischio di danneggiamenti o distruzione della piantagione in caso d’incendi.
Per gli impianti di arboricoltura da legno, sia di latifoglie che di conifere, nell’autunno successivo all’impianto si provvede al risarcimento delle fallanze con piantine della stessa specie, ma di età superiore e di dimensioni più simili possibile alle piante già presenti sul posto che, nel frattempo, sono cresciute. In questo periodo potrebbe verificarsi il caso di avviare anche le potature di formazione. Queste devono essere ben calibrate e diversificate tenendo conto dell’accrescimento delle piante, della specie e degli scopi prefissati per la piantagione. Per questo, nell’impossibilità di descrivere tutte le possibili casistiche, i nostri tecnici restano sempre a disposizione della clientela per offrire i consigli più adatti ad ogni singola situazione.
• 1° anno: dopo aver effettuato la messa a dimora delle piantine, operazione spesso effettuata in autunno, sarebbe molto utile, come accennato in altre pagine, eseguire la pacciamatura con dei quadrotti in fibra vegetale. Tale copertura assolve al triplice scopo di impedire la crescita delle erbe infestanti, di preservare il contenuto di umidità del terreno impedendone l’evaporazione e di mantenere il suolo soffice grazie alla protezione dalle piogge battenti. In primavera e nell’estate successiva si dovrà eseguire almeno una lavorazione superficiale, andante su tutto l’appezzamento, con passaggi incrociati negli spazi lasciati liberi dalle piante.
• 2° anno: la prima cosa da fare nell’autunno successivo è sicuramente la sostituzione delle piantine morte con altre della stessa specie, età e sviluppo. In questo periodo si iniziano o si continuano le potature di allevamento per le quali resta valido il ricorso al supporto tecnico, come già segnalato in precedenza, che i nostri uffici saranno ben lieti di offrire. Si eseguiranno anche, secondo necessità, le lavorazioni superficiali del terreno per tenere sotto controllo le erbe infestanti. Ad inizio della primavera successiva si potranno eventualmente iniziare le prime concimazioni localizzate. Per evitare danni alle piante, è opportuno che la tipologia dei prodotti da utilizzare ed i dosaggi siano concordati con i nostri tecnici che potranno dare il suggerimento più appropriato tenendo conto del clima della zona e dello sviluppo delle piante.
• 3°, 4° e 5° anno: si continuerà con la potatura di formazione in primavera, con la eventuale potatura verde in estate, con le lavorazioni superficiali del terreno, con le eventuali concimazioni e con l’inizio del controllo generale in merito allo stato sanitario della piantagione.

PIOPPO

Nel caso dei pioppi, assumono particolare importanza anche le irrigazioni. Inoltre sono ovunque consigliabili, ma soprattutto nell’ambiente mediterraneo, le discature da ripetersi almeno 2 o 3 volte l’anno. Il loro scopo è quello di eliminare la concorrenza della vegetazione spontanea e di interrare l’eventuale sostanza organica nel terreno.
La potatura dei pioppi è determinante ai fini della qualità degli assortimenti legnosi, soprattutto se questi sono destinati a produzioni ad alto valore aggiunto (es. per compensato); deve essere effettuata a partire dal 2° anno dall’impianto, in maniera progressiva fino al 4°-6° anno, in modo da evitare squilibri tra chioma e sistema radicale.
Di fondamentale importanza per i pioppeti è la difesa dai parassiti. Presupposto fondamentale per la lotta è la tempestività degli interventi, da effettuarsi contro le larve dei rodilegno nel breve periodo in cui queste vivono negli strati corticali, prima di penetrare all’interno.
La concimazione delle piantagioni di pioppo “in copertura” è necessaria soprattutto nei terreni poveri e nella prima metà del turno. Si esegue con concimi azotati o con complessi ad alto titolo di azoto, alla dose crescente con l’età delle piante, da 50 a 100 o più kg/ha/anno di azoto.

Pioppelle – Maggio 2017
Pioppelle – Settembre 2017

DIRADAMENTI

Quella del diradamento è una pratica normalmente attuata nei boschi, rientrando nella corretta gestione selvicolturale. È molto importante anche in arboricoltura da legno, perché ci aiuta a raggiungere gli scopi produttivi attesi dagli impianti. Per diradamento si intende il taglio, a un certo punto del ciclo produttivo, di un determinato numero di piante che quindi non arriveranno a fine turno. In arboricoltura da legno i diradamenti servono a due scopi:

  1. Raggiungimento, a fine turno, dei migliori risultati in termini di legname di qualità, con conseguente maggiore utile;
  2. Ottenimento di un ricavo, anche se modesto, durante il ciclo di coltivazione, grazie alla produzione di legname da vendere come legna da ardere o come biomassa destinata agli impianti per la produzione di energia elettrica.

    Le piantine, una volta messe a dimora, iniziano la loro crescita sia in diametro che in altezza, fino a quando ogni pianta avrà completata l’espansione della chioma occupando tutto lo spazio lasciatogli a disposizione. Da questo momento incomincia la concorrenza per la luce e per lo sviluppo delle nuove cacciate, nonché per l’approvvigionamento degli elementi nutritivi e dell’acqua dal suolo. Gran parte delle piante, in tali condizioni, rallentano il loro accrescimento. Questo momento dovrebbe essere anticipato intervenendo con i diradamenti almeno un anno prima, calibrandone intensità e frequenza a seconda della specie e del sesto di impianto. Il momento più adatto dipende dalla rapidità di sviluppo delle piante, ferma restando l’importanza di anticipare, almeno di un anno, il contatto tra le chiome per non incorrere in fenomeni di concorrenza che potrebbero reprimere lo sviluppo per più anni.
    Esistono vari sistemi di diradamento: geometrici, selettivi e misti.
    Nel primo tipo si interviene con schemi prefissati, ad esempio una fila su due od a piante alterne. L’intervento selettivo si basa invece sulla scelta delle piante da eliminare, come ad esempio quelle sottomesse, biforcate oppure storte.
    Nel sistema misto le piante vengono eliminate sempre sulla base di schemi di base prefissati, all’interno dei quali si può scegliere, con valutazioni dirette sulle singole piante, anche di lasciare in piedi la pianta prevista dallo schema e di eliminarne altre più scadenti tra quelle poste a suo contatto di chioma. In tutte le scelte che si fanno nella gestione di un impianto arboreo per la produzione di legname pregiato si dovrebbe sempre tener presente l’obbiettivo fondamentale dell’arboricoltura da legno:
    • Ottenere la massima quantità di legname della migliore qualità possibile.

MECCANIZZAZIONE DEGLI INTERVENTI

Nell’ambito degli interventi di imboschimento e di arboricoltura da legno il ricorso alla meccanizzazione può interessare principalmente:

a. Il decespugliamento;
b. La lavorazione del terreno (talora integrata da spietramenti e livellamenti) e la piantagione;
c. Le cure colturali.

Queste attività sono precedute, inoltre, dall’apertura di strade e piste per l’accesso alle aree di imboschimento e seguite dalla realizzazione di eventuali fasce parafuoco. La meccanizzazione si è andata progressivamente affermando per ragioni di natura socio-economica, tecnica ed organizzativa. Questo implica determinati costi diretti (impiego di macchine, personale qualificato ecc.) dei quali opportunamente si tiene conto in sede di progettazione dell’intervento.
Il successo della preparazione del terreno dipende anzitutto dalla capacità di individuare o meno i fattori limitanti, dalla concreta disponibilità della tecnologia necessaria per superarli e dalla possibilità di raggiungere un giusto compromesso tra soluzione ottimale e soluzione realizzabile. Di estrema importanza è la conoscenza delle implicazioni di natura biologica della preparazione del terreno e, in particolare, dei requisiti e delle limitazioni delle singole specie per quanto concerne l’attecchimento ed il successivo sviluppo.
Tecniche intensive di preparazione del terreno, giustificate dalla necessità di favorire l’attecchimento e lo sviluppo iniziale dell’impianto, la capacità di ritenzione idrica del suolo, ecc., sono state impropriamente applicate anche in condizioni ambientali particolarmente delicate o dove, viste le già favorevoli caratteristiche fisico-chimiche del suolo, la massima espressione delle capacità nutritive e la protezione da fenomeni erosivi poteva essere raggiunta con interventi meno intensivi.
La riuscita di un imboschimento (in termini di attecchimento ed accrescimento giovanile) può essere determinata dal superamento di alcune limitazioni pedologiche o stazionali (ad es. competizione con la vegetazione, carenza di luce, limiti microclimatici, difetti di struttura e porosità del suolo, ecc.). Essa, però, non esclude da sola l’instaurarsi di fenomeni di degradazione del suolo. È necessario, pertanto, non limitarsi a valutazioni a breve termine, ma verificare l’andamento produttivo nel lungo periodo.
La difficoltà di una corretta scelta ed applicazione dei mezzi meccanici è accentuata dalla notevole variabilità pedoclimatica e vegetazionale, che non consente un facile ed immediato trasferimento di conoscenze e tecniche da un ambiente all’altro. Tale variabilità è ancora più evidente in Italia, dove il gradiente climatico latitudinale si accompagna a rapide variazioni altitudinali, di distanza dal mare, di direzione delle valli, di morfologia.
L’impiego della meccanizzazione, a differenza del lavoro manuale, riduce la possibilità di adattamento alle peculiarità ecologiche presenti all’interno di una stazione. In tale variabilità di condizioni, la stessa tecnica o lo stesso grado di manipolazione del suolo può determinare livelli assai diversi di degradazione. Aspetti socio-economici, organizzativi, ambientali, ecc. possono determinare un uso più o meno spinto o addirittura l’esclusione delle macchine.

Obiettivi della preparazione del terreno all’imboschimento e delle cure colturali

Con la preparazione del terreno e le successive cure colturali si perseguono obiettivi che, in alcuni casi, sono realizzabili solo con un certo grado di meccanizzazione. Tra questi potremmo ricordare:
• L’eliminazione e il controllo della vegetazione preesistente, in modo da favorire l’impianto e ridurre i fenomeni di competizione per acqua, luce ed elementi nutritivi;
• La creazione di migliori condizioni per l’impianto, l’attecchimento e il rapido e proporzionato sviluppo degli apparati radicali, con interventi che favoriscano l’areazione del suolo e riducano almeno inizialmente, la resistenza alla penetrazione degli apparati radicali;
• Il conseguimento di un elevato grado di produttività attraverso il miglioramento delle disponibilità nutritive del suolo (concentrare la sostanza organica e gli elementi nutritivi nelle vicinanze degli apparati radicali; favorire l’umificazione e la mineralizzazione della sostanza organica, ecc.), evitandone però una dispersione che vada a scapito della produttività nel lungo periodo;
• Il massimo sfruttamento delle acque piovane, soprattutto ove il regime pluviometrico è sfavorevole e il rapporto precipitazioni/evapotraspirazione è deficitario;
• La creazione di condizioni che favoriscano i successivi interventi colturali (diserbi, sfolli, ecc.) e le utilizzazioni boschive (diradamenti, tagli definitivi, ecc.).